lunedì 28 giugno 2021

Letture


"L'apicoltore" di Maxence Fermine

Aurélien Rochefer vive in Provenza, alla fine dell'Ottocento, e vuole fare l'apicoltore.Tra sogni e aspirazioni, finisce in Africa, dove incontrerà mercanti, uomini potenti e la Regina delle Api.

“L’apicoltore” è una fiaba di una bellezza struggente. Un racconto breve capace di contenere più storie: quella del deserto, dell’acqua, della follia, dell’avidità, della sensualità, della speranza, dell’amore e del miele. Maxence Fermine ha il dono della sintesi, riesce in poche pagine a trasmettere l’essenza dell’oro, dare forma ai desideri. Aurélien rincorre i propri sogni, anche a costo di perdere tutto.

Un mattino di gennaio, Aurélien trovò nella neve un’ape morta. Era vestita d’oro e di nero, autentica gemma di fuoco in un oceano di candore. La prese delicatamente col pollice e l’indice di una mano e la posò sul palmo dell’altra. A contatto con la sua pelle, l’ape congelata si infranse come vetro. Quando Aurélien aprì la mano e la voltò verso il suolo, vide con tristezza un pizzico di polvere d’oro brillare nell’aria e svanire sulla neve.

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 “Novella degli scacchi” di Stefan Zweig

Una partita a scacchi in mezzo all’oceano e due giocatori dal passato differente. Il primo è Czentovic, uno scacchista di fama mondiale; il secondo è il dottor B., che conosce gli scacchi per disperazione. Zweig ci racconta, attraverso un lungo flashback, l’isolamento del dottor B. da parte della Gestapo e le sue innumerevoli partite solitarie che lo conducono presto al delirio.
Czentovic è un ex contadino russo, con un unico talento: gli scacchi.

“Novella degli scacchi” è un piccolo capolavoro in cui lo scrittore descrive la battaglia tra due personalità diverse: una ingenua, ignorante e ruvida, l’altra sensibile, borghese e con una fervida immaginazione. Per entrambi gli scacchi sono una salvezza.
Nella sua brevità Zweig riesce a cogliere le sfumature dell’animo umano, attraverso un ritmo serrato, una scrittura sensibile e appassionante.

“Io – gioco – a scacchi nel senso più letterale del termine, mentre gli altri, i veri giocatori di scacchi, fanno sul serio.”

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 “Finché il caffè è caldo” di Toshikazu Kawaguchi

Ed. Garzanti

Le 5 regole da seguire

– sei in una caffetteria speciale. C’è un unico tavolino e aspetta solo te.
– siediti e attendi che il caffè venga servito.
– tieniti pronto a rivivere un momento importante della tua vita.
– mentre lo fai ricordati di gustare il caffè a piccoli sorsi.
– non dimenticare la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi.

Le rigide regole scoraggiano la maggior parte di quelli che conoscono le potenzialità del locale. La storia, infatti, è costruita su una manciata di personaggi. L’amore e l’empatia sono i veri protagonisti del libro.
Il romanzo ci insegna che il tempo va gustato a piccoli sorsi. Ogni momento, ogni istante della nostra vita è importante. I personaggi tornano indietro nel passato non per cambiare il presente, ma per affrontare meglio il futuro. E se non può mutare la realtà, cambia la testa dei protagonisti. Gli esseri umani possono superare qualsiasi difficoltà, riconciliandosi con il proprio destino.
Il meccanismo del viaggio nel tempo è confinato in un piccolo caffè, nonostante la trama un po’ folle, la narrazione è commovente.

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“Sortilegi” di Bianca Pitzorno

Sono rimasta colpita dalla scrittura di Bianca Pitzorno. Nel racconto “La strega” utilizza un linguaggio quasi seicentesco. Descrive gli abiti, il cibo, le erbe, gli usi e i costumi del 1600. La cura dei dettagli è impeccabile. Ne “La strega”, attraverso la vita di Cate e Lorenzo, conosciamo la crudeltà, la fame, la malattia (la peste del 1600), la paura e l’ignoranza. Bianca Pitzorno ci regala così un affresco di un’epoca buia. “La strega” non è una semplice novella, non ci spinge ad amare i protagonisti, a tifare per loro. Non ci immedesimiamo, come accade in “Lois la strega” di Gaskell, ma osserviamo, impotenti, l’orrore. L’autrice, in questo modo, dà voce a tutte quelle donne condannate per stregoneria. Bianca Pitzorno è una scrittrice curiosa, attenta ai dettagli, lo si evince dalle sue letture, tra cui i saggi e i documenti originali sulle streghe, ad esempio il terribile Malleus Maleficarum. Ha letto verbali, come i processi a Giovanna d’Arco o a Gostanza, la strega di San Miniato. Ha attinto dalle “Lettere al padre” di Virginia Galilei, figlia di Galileo per le descrizioni. Insomma, dietro al suo racconto c’è un mondo di riflessioni, testi, conoscenza e passione. La differenza tra una romanziera e una scrittrice di romanzi storici sta nelle sfumature, nelle piccole cose. Mi è capitato di leggere libri in cui la bella di turno, protagonista seicentesca, si cambia d’abito e si lava più volte al giorno, quando in molte zone d’Italia l’acqua corrente arrivò nelle contrade negli anni 40 del novecento o molte case di ringhiera, fino a 40 – 50 anni fa, avevano i servizi igienici in comune.
La seconda novella, “La maledizione”, prende spunto da un ricamo del XIX secolo che si trova nella città di Sassari. Il racconto, contrariamente al precedente, è quasi fiabesco. Questa volta a trionfare è l’amore.
Nell’ultimo racconto , “Profumo”, c’è tutta la cura, la magia e la nostalgia delle “nostre radici” . Sono riuscita a sentire l’odore dei biscotti di vento.

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“La scatola dei bottoni di Gwendy” di Stephen King e Richard Chizmar

È una lettura “leggera” che, come spesso accade nei racconti o romanzi brevi, vorresti non finisse mai. Non comprendo alcuni critici, che si lamentano della lunghezza dell’opera. Per certe persone “Seta” di Baricco, “Ali” di Mishima, “Neve” di Fermine, o “Kitchen” di Banana Yoshimoto sono romanzi inconsistenti, in quanto diversamente lunghi (mi domando, allora, perché li leggano). Non sarà il migliore King, tuttavia la trama si dipana in un crescendo di tensioni e attese. Lo scrittore ancora una volta dimostra una fantasia sfrenata, attraverso un linguaggio scorrevole e convincente. Anche se la novella è scritta a 4 mani da Richard Chizmar e King, lo stile di quest’ultimo si riconosce già dall’ ambientazione: Castle Rock. Gli ingredienti dell’autore ci sono tutti: l’infanzia, l’adolescenza, il bullismo, l’amicizia, l’orrore, il terrore verso l’ignoto. Come Johnny de “La zona morta” Gwendy si ritrova a portare il fardello della responsabilità, che è, in fondo, la vera protagonista del romanzo.

Da leggere!