Anima


Vi ho mai parlato dei cinghiali della Siberia o dell'orso nella mitologia nordica?
Nei miti Inuit l'orso polare si unisce alla donna. Penso che alcune popolazioni ci percepissero come un tutt'uno con la Natura. Forse, mi dico, sono solo romanticherie.
Eppure a me piace pensare agli spettacolari funerali dei regnanti danesi, a quegli stendardi dorati, alle navi date alle fiamme, mentre scivolano nell'acqua, in un viaggio da cui non faranno ritorno.
Sono sopraffatta dai nomi antichi come Gilgamesh, Peredur, Gefion. E capisco la follia di Ludwig, pure Ludwig è un bel nome. Sì, vorrei una sala del trono, possedere una nave e spingermi ai confini del mondo. Unirmi ai complottisti, scendere per ventimila leghe sotto i mari e inabissarmi tra creature e relitti.
Voglio trasformarmi in marmotta. Perdermi tra le praterie, nutrirmi di bacche, licheni. Mettere su famiglia, moltiplicarmi. Infilarmi in una tana.
Voglio trasformarmi in un capodoglio. Immergermi per quattrocento metri in profondità. Capovolgere le imbarcazioni. Spaventarvi con il mio soffio.
L'inverno è una brezza fredda in cui gli spiriti colorano i propri capelli con nuvole gonfie, ingrigite. Con un battito di ciglia si addormentano e proteggono le piccole creature. Ed è così che gli insetti si infilano nei nidi e lo scoiattolo si concede lunghe pennichelle.
Solo il cacciatore non dà tregua, e instancabile spara a qualsiasi cosa si muova. Il martin pescatore e l'airone cenerino si danno appuntamento sulla sponda del fiume. Infischiandosene allegramente del frastuono.
I leprotti sbucano ogni tanto nella campagna circostante, mentre le civette lasciano tracce del loro passaggio, senza farsi notare.
Ed ecco arrivare la tormenta.

I codirosso, le anatre, gli scriccioli svaniscono, risucchiati dalle fauci dell'inverno.

La bellezza delle piccole cose la conservo in una tasca:

brina, ricamatrice tra le foglie
nebbia, l'incantatrice 
inverno, il dormiente

Quando vado sull'orto, tra le piante aromatiche ascolto il loro sbadiglio. Si avvicina l'inverno.
A volte piove, altre volte fa freddo. Un freddo che raggrinzisce le mani, fino a farle sembrare carta vetrata. Altre volte si alza il vento e allora basta rimanere in silenzio, per sentirlo parlottare tra i rami degli alberi.
La bellezza è la terra sotto le unghie, il codibugnolo che ti sveglia al mattino, il merlo che ti ruba i vermetti in giardino. 
La brina si impiglia dovunque, disegna i contorni e le virgole. Geometrie aliene.
La bellezza non si può spiegare. Ti riempie i polmoni, ti soffoca, è come una scheggia di legno che  penetra il cuore. I poeti parlano di bellezza, ci si riempie la bocca, la si sogna e, spesso, non si capisce. Eppure ci piace romanzarla, tramandarla, cantarla, come se a lei importasse davvero.
La bellezza non è solo candore è fatta di fango e silenzio, di merlature lasciate dai vermi, di cumuli di terra abbandonati dalle talpe, di odore di marcio, di animaletti che sono venuti a morire sul prato. 

La terra non è un diletto. E' ossa, piume, cibo masticato, orme, vita, morte.

Ma a noi piace mentire. E allora ecco la brina che incastona le foglie, il freddo che allunga le braccia e un capriolo che sbuca tra i larici rossi (i larici rossi ci stanno sempre bene)...

A te, piccola creatura mai nata...